LE POLITICHE DEI DI TRUMP. E IN ITALIA?

 da HR ONLINE

Un uomo molto credulone va dal medico per un controllo.

Il dottore lo visita e poi gli dice con tono serio:
“Guardi, lei ha un piccolo problema: ha troppa fiducia negli altri. Deve imparare a essere più scettico.”

L’uomo annuisce convinto e chiede:
“Va bene dottore… ma ne è sicuro?”

Il medico sorride e risponde:
“No.”

E l’uomo, sollevato:
“Ah, meno male!”

Il 29 gennaio 2025, un elicottero militare UH-60L Black Hawk dell’esercito degli Stati Uniti, appartenente al dodicesimo Battaglione dell’Aviazione, è entrato in collisione con il volo American Eagle 5342 nei pressi dell’Aeroporto Nazionale Ronald Reagan di Washington. L’incidente ha causato la caduta di entrambi i velivoli nel fiume Potomac, provocando la morte di tutte le 64 persone a bordo dell’aereo e dei 3 membri dell’equipaggio dell’elicottero.

Le prime indagini suggerivano la possibilità che il Black Hawk abbia deviato dalla rotta di volo approvata, muovendosi ad un’altitudine superiore a quella consentita, ma era ancora in corso l’inchiesta approfondita avviata dalle autorità per determinare le cause esatte dell’incidente. Il Presidente Trump è però immediatamente intervenuto con una spiegazione che alle autorità aereoportuali è sembrata sconcertante. Il Presidente americano ha infatti  attribuito la responsabilità dell’incidente aereo alle politiche di Diversità, Equità e Inclusione (DEI), sostenendo che queste hanno portato all’assunzione di controllori di volo meno qualificati, creando così le basi per l’incidente. Le dichiarazioni del Presidente hanno immediatamente suscitato critiche da parte delle autorità competenti, che hanno ricordato gli obblighi previsti dalla legge in termini di professionalità dei controllori di volo: questi devono infatti ottenere specifici attestati professionali, indipendentemente dall’appartenenza o meno a specifiche minoranze.

Non è finita qui. Sui social, subito dopo l’incidente del 29 gennaio, sono emerse online false accuse che attribuivano la responsabilità dell’incidente a Jo Ellis, una pilota transgender della Guardia Nazionale della Virginia. Jo Ellis, tuttora viva, non è stata in alcun modo coinvolta nell’incidente. Lei stessa ha smentito tali voci tramite un video pubblicato sul suo profilo Facebook, definendo queste affermazioni offensive per le vittime e le loro famiglie. La falsa informazione, tuttavia, non ha smesso di circolare.

Nel corso del suo secondo mandato, il presidente Donald Trump ha intrapreso una serie di azioni volte a smantellare le politiche di Diversità, Equità e Inclusione (DEI) all’interno del governo federale e delle forze armate degli Stati Uniti. Uno dei primi provvedimenti è stato un ordine esecutivo che riconosce ufficialmente solo due sessi, maschile e femminile, basati sul sesso biologico alla nascita, escludendo il concetto di identità di genere. Questo ha comportato la revisione di documenti ufficiali, come passaporti e certificati, per riflettere esclusivamente il sesso biologico e la rimozione di riferimenti all’identità di genere dai siti web governativi.

Parallelamente, Trump ha firmato ordini esecutivi che hanno eliminato i programmi DEI all’interno dell’esercito, disponendo il congedo retribuito immediato per tutti i dipendenti federali coinvolti nei programmi DEI, con l’obiettivo di smantellare tali iniziative. Le agenzie federali sono state incaricate di interrompere le relative formazioni, rescindere i contratti con i fornitori di servizi DEI e rimuovere promozioni di tali programmi dai loro siti web e account social media.

Nel settore dell’istruzione superiore, le università hanno reagito sospendendo progetti di ricerca, annullando conferenze DEI e chiudendo gli uffici correlati, nel tentativo di conformarsi alle nuove direttive ed evitare la perdita di finanziamenti federali. Queste azioni rappresentano un cambiamento significativo rispetto alle politiche delle amministrazioni precedenti ed hanno suscitato dibattiti e controversie a livello sia nazionale sia internazionale.

Contemporaneamente negli Stati Unitisi è osservata una crescente pressione su diverse aziende affinché ridimensionino o eliminino le loro politiche di Diversità, Equità e Inclusione (DEI). Le imprese, se vogliono continuare a lavorare per l’amministrazione americana devono mettere la parola fine alle politiche DEI per come le abbiamo conosciute finora. Questa tendenza è alimentata da attivisti conservatori e da un clima politico sempre più critico verso tali iniziative. Queste azioni hanno spinto alcune grandi aziende, come Walmart, McDonald’s, Amazon, Google, Lowe’s e molte altre a ridimensionare, se non a cancellare, le loro iniziative DEI.

Tuttavia, non tutte le aziende stanno seguendo questa tendenza. Alcune, come Apple, Costco, Goldman Sachs e JPMorgan Chase stanno, al contrario, rafforzando il loro impegno verso le politiche DEI, sottolineando i benefici derivanti da prospettive diverse e da politiche inclusive per il successo aziendale e l’innovazione. Queste aziende sostengono che i loro programmi DEI svolgono un ruolo cruciale nell’empowerment di una forza lavoro diversificata.

In sintesi, stiamo assistendo ad un malessere dell’opinione pubblica verso alcuni eccessi delle politiche DEI (una reiterata insistenza sul tema del linguaggio che è stata percepita come eccessiva, un clima di tensione verso chi è anche solo sospettato di avanzare dei dubbi o delle critiche su singoli aspetti) e a un arretramento da parte di molte imprese verso le politiche di inclusione, anche in risposta a pressioni esterne. Contemporaneamente altre imprese stanno rafforzando il loro impegno, riconoscendo l’importanza di tali politiche per il successo e l’innovazione aziendale. Altre ancora, chiudono i loro uffici DEI ma, come farisei, contemporaneamente ribadiscono a parole l’importanza di tali politiche. Infine, molte altre aziende, fanno buon viso a cattivo gioco: cambiano nome a certe politiche e si apprestano a mantenere una politica di personalizzazione alla gestione delle risorse.

Anche in Italia, il tema delle politiche DEI sta diventando divisivo. Da un lato ci sono aziende e istituzioni che le promuovono, dall’altro gruppi politici e opinionisti che le vedono come imposizioni ideologiche. Quale direzione è più probabile in Italia?

L’Italia, rispetto agli Stati Uniti, ha sempre avuto un approccio più moderato alle politiche DEI. Non c’è stata prima una spinta così forte come nel mondo anglosassone, ma nemmeno ora un rigetto così radicale. Il futuro dipenderà molto dal contesto politico e dal dibattito pubblico. Se le aziende percepissero un vantaggio competitivo e una spinta da istituzioni e clienti, potrebbero rafforzare le attività DEI . Se invece il contesto sociale diventasse più scettico o ostile, potrebbero adattarsi e ridurre queste politiche per evitare controversie. Tagliare o ridimensionare le politiche DEI non sarebbe però una scelta priva di conseguenze. Se a breve termine può sembrare un risparmio di risorse, nel lungo periodo comporterebbe rischi di reputazione, difficoltà nel reclutamento, problemi legali legati alle certificazioni e perdita di competitività internazionale. Le aziende italiane che vogliono rimanere competitive nel panorama globale devono valutare attentamente la sostenibilità della scelta di ridurre il proprio impegno in ambito DEI. Ridimensionare tali politiche dopo anni di investimenti in tal senso significherebbe mettere a rischio la credibilità dei leader aziendali, facendoli apparire come voltagabbana poco affidabili e poco coerenti. Questo avrebbe conseguenze negative sia all’interno dell’azienda (nei confronti dei dipendenti) sia all’esterno (nei confronti degli stakeholder e del mercato). Autenticità e coerenza sono caratteristiche irrinunciabili per un management degno di tale nome.

 

Paolo Iacci, Presidente ECA, Università Statale di Milano

 

 

 

 

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