HAI L’AMANTE IN UFFICIO? E IO TI LICENZIO!
Due colleghi si incontrano all’intervallo di pranzo.
– Con Irene ormai sono due anni che abbiamo una relazione. Il nostro rapporto ormai è entrato in crisi. È sempre davanti al pc a lavorare, così ieri l’ho affrontata e le ho detto che così non può più andare avanti, non mi rivolge neanche più la parola…
– E lei?!
– Niente, neanche uno sguardo
– E allora?
– Niente, non mi ha mandato neanche una mail…!
Del tema si è recentemente occupato anche il tribunale del lavoro di Roma. Con la sentenza del 14 marzo 2023 ha ribadito che “Sul lavoratore incombe l’obbligo di comunicare al datore di lavoro qualsiasi situazione di potenziale conflitto che possa compromettere gli interessi aziendali”. Nel caso di specie ha confermato la legittimità del licenziamento per un collaboratore accusato di aver intrattenuto una relazione clandestina con una collega.
L’uomo, secondo l’accusa, avrebbe persino chiesto alla donna di non annunciare la sua gravidanza per evitargli ripercussioni e problemi sul lavoro. La donna ha quindi denunciato il comportamento del collega e l’azienda ha intimato il licenziamento per giusta causa. La domanda che a questo punto si pone è: l’azienda può vietare relazioni sentimentali tra colleghi? In teoria, infatti, questo approccio aziendale potrebbe essere interpretato come un’interferenza ingiustificata nei rapporti personali.
Se l’impresa non ha il diritto di vietare i rapporti sentimentali tra colleghi, può però affrontare preventivamente questo aspetto nel suo Codice etico o nel Regolamento aziendale interno, al fine di prevenire eventuali situazioni spiacevoli. A tal fine, infatti, molte aziende nel loro Regolamento vietano comportamenti che possano indurre a:
- creare situazioni vantaggiose o svantaggiose per altri colleghi.
- determinare problemi di riservatezza, indipendenza e conflitti di interesse, anche solo percepiti.
- determinare favoritismi o situazioni percepite come di miglior favore o di iniquità tra colleghi.
Secondo il Regolamento dell’azienda in questione, “partner o membri dello staff non possono essere impegnati nella stessa unità organizzativa/funzione in cui lavorano parenti o individui con cui hanno stretto una relazione personale”, e “in nessun caso una delle due persone dovrà essere il diretto superiore dell’altro né in alcun modo partecipare ai processi di valutazione, avanzamento di carriera, assunzioni di responsabilità e decisioni riguardanti il trattamento economico dell’altro”.
La sentenza del Tribunale di Roma ha precisato che “la diligenza richiesta dall’art. 2105 c.c. nell’espletamento della prestazione lavorativa ricomprende anche l’obbligo di adottare un contegno conforme alle disposizioni organizzative e ai protocolli di comportamento imposti dal datore di lavoro” e che “dai canoni generali di buona fede sorgono obblighi aggiuntivi di protezione della controparte contrattuale”. Inoltre, ha decretato che “sul lavoratore incombe l’obbligo di comunicare al datore di lavoro qualsiasi situazione di potenziale conflitto che possa compromettere gli interessi aziendali” come, in questo caso, una relazione sentimentale tra colleghi.
Il tema è sicuramente discutibile tra diritto alla privacy e dovere di correttezza nei confronti dell’azienda.
Paolo Iacci, Presidente Eca, Università Statale di Milano