IL MANAGER INVASIVO
Tutti parlano della necessità di conoscere intimamente il business ma poi, appena ne hanno appreso i rudimenti, pretendono di insegnare cosa fare anche a chi in quel mondo ci è nato.
Personalmente, ho ricoperto il ruolo di condirettore generale in una grande azienda dell’ICT e poi il presidente in una società di credito al consumo. Mentre scrivo presiedo una società specializzata nella
mobilità internazionale. Tre settori di cui ho cercato di capire le logiche e le dinamiche di mercato ma di cui sono rimasto fondamentalmente un ignorante. Se qualcosa di buono ho fatto in questi tre ambiti, a favore di queste tre aziende, è dovuto al fatto che ho competenze gestionali (che ho cercato di esercitare al meglio), ma soprattutto all’aver rispettato il lavoro e la professionalità dei tecnici e degli esperti di settore. Il mio compito era cercare di assicurare loro il miglior assetto affinché la loro professionalità si potesse esprimere. Mai ho tentato di insegnare ad altri un mestiere che non conoscevo (e che fondamentalmente continuo a non conoscere).
Questo non vuol essere un elogio dell’ignoranza ma, al contrario, un appello alla consapevolezza dei propri limiti e al rispetto e alla valorizzazione della competenza e del merito altrui. Molte volte chi siede più in basso sa più cose di chi siede più in alto: in molte imprese questo è ciò che avviene ogni giorno.
Quando fui nominato dirigente, non dimenticherò mai ciò che il mio capo mi disse per l’occasione: «Se non sai fare una cosa non importa, la imparerai. C’è però una cosa fondamentale che devi assolutamente imparare subito e che dovrai sempre mettere in atto: non disturbare mai chi lavora davvero».
*** Paolo IACCI, 1955, estratto da Il paradosso dell’incompetenza, pp. 87-88, in Paolo Iacci, L’età del paradosso. Perché chiediamo tutto e il contrario di tutto nelle imprese e nella società, Egea, 2019.