E QUANDO LA DISCRIMINAZIONE E’ AL CONTRARIO?

 da HR ONLINE

Tutti noi sappiamo bene che la legge (oltre che il nostro senso etico) vieta espressamente ogni tipo di discriminazione basata sul genere, l’età, la religione, il colore della pelle, l’orientamento sessuale, la razza, la disabilità e così via. Eppure, le discriminazioni sul mercato del lavoro continuano a mietere vittime. Nella grande maggioranza dei casi le discriminazioni si abbattono sempre sulle solite minoranze: disabili, neri di basso livello professionale, mussulmani, over 55, donne, o altri tipi di minoranze. I grandi numeri parlano chiaro. Fin qui, purtroppo, i segnali di miglioramento non sono ancora tali da farci abbassare la guardia.

Detto questo, vorrei segnalare anche un altro fenomeno, assai più circoscritto. Forse succede anche in altri ambiti, ma io qui ora mi vorrei soffermare solo nella funzione HR. Da alcuni anni a questa parte, limitatamente alle posizioni di direttori responsabili risorse umane, nel silenzio generale, si sta consumando una discriminazione al contrario. Per molte posizioni di responsabili di Direzioni HR, le aziende chiedono unicamente donne. Non intendono valutare professionisti di sesso maschile. Il sesso fa premio sul merito. Non faccio i nomi delle aziende per ovvi motivi, ma chi è del mestiere sa che è così. Chi non lo sa, è bene che inizi ad informarsi dai cacciatori di teste.

Ovviamente io non sto discutendo sul fatto che in queste aziende siano poi state scelte delle ottime professioniste. Nella grande maggioranza, o forse nella totalità di queste selezioni, sicuramente sì. Non è compito mio giudicare. Il punto è un altro.

Io credo che, in molti casi, le imprese vogliano a tutti i costi una donna nella posizione HR per poterla poi esibire sull’esterno senza doverne selezionare una per altre posizioni (perché mai in produzione, nella ricerca o nel commerciale, nella finanza o addirittura, Dio mio, come CEO?!). Un fenomeno che sembra positivo, in realtà nasconde una realtà distorta e negativa anche per la presenza delle stesse donne in impresa.

E, in ogni caso, mi domando se discriminare, alla lunga sia sempre e comunque giusto. Credo che, per lungo tempo, in una logica di gender equality una forzatura abbia avuto ragion d’essere. Mi sto domandando se il silenzio di tutti gli operatori, uomini e donne, sia ancora giustificato. Oggi mi domando se le imprese non stiano usando la funzione hr come ghetto per non consentire alle donne di pesare sulle funzioni da cui si può accedere più facilmente alle posizioni di vertice. E quindi se non sia semplicemente giunto il momento di rimettere il merito al centro. Anche per gli HR.

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