RENDIAMOCI LA VITA PIU’ SEMPLICE
In questi giorni di discussione sul Recovery Plan spesse volte scatta il parallelismo con il New Deal del Presidente democratico Franklin Delano Roosevelt. Il New Deal fu un piano di interventi statali che supportarono l’economia americana dopo la crisi del ’29 e che segnarono il periodo tra le due grandi guerre del secolo scorso. Durante quegli anni, gli USA cercarono quanto più possibile di far crescere l’economia, pubblica e privata, grazie ad una ingente iniezione di aiuti ed investimenti pubblici. Quando si avviò il New Deal, l’ordinamento normativo USA non era pronto ad assecondare l’improvvisa accelerazione del sistema produttivo. Per quanto discutibili, furono necessarie molte forzature. C’erano leggi e decreti che ostacolavano l’attuazione del New Deal: Roosevelt vi passò sopra con grande disinvoltura, assumendosi le grandissime responsabilità che ne derivavano. “In quell’occasione – ebbe poi a dire – ho commesso tante infrazioni alle leggi da meritarmi 999 anni di reclusione!”.
Ricordando questo episodio non sto incitando nessuno alla disobbedienza civile: nel nostro Paese l’illegalità è già fin troppo diffusa. Sto invece ricordando la necessità di semplificazione del nostro apparato normativo, tema su cui tutti, Governo e opposizioni, sembrano concordare. Oggi le leggi nazionali in vigore sono circa 111.000 oltre a quelle locali, malgrado l’intervento dell’ultimo Ministro per la Semplificazione che, nel 2010, ne ha abolite circa 375.000.
Il problema si pone anche sul fronte lavoro. L’ex senatore Pietro Ichino e Michele Tiraboschi, fondatore di Adapt e membro del comitato scientifico di AIDP, redassero un Codice semplificato del Lavoro nel 2014. L’operazione di riscrittura, oggi caduta nel dimenticatoio, era mirata esclusivamente a una codificazione ordinata e concisa del diritto vigente, con l’eliminazione delle ridondanze e delle ripetizioni, ma senza un mutamento rilevante del contenuto sostanziale della disciplina della materia.
Il tema va oggi riportato in primo piano. Durante la pandemia le imprese sono riuscite a reagire velocemente solo perché alcune norme sono state sospese per cause di forza maggiore. Altrimenti sarebbe stato impossibile. Il problema della semplificazione della normativa giuslavoristica va quindi ripreso in mano con forza, ma non solo a livello parlamentare. Grazie alla caparbietà e lungimiranza dell’ex Ministro Sacconi, infatti, vige un antidoto possibile contro la complessità sostanziale o procedurale della disciplina legislativa, ad esempio, dei rapporti di lavoro: la possibilità di sostituire la disciplina stessa, semplificandola, mediante appositi accordi collettivi aziendali o territoriali, prevista dall’articolo 8 del d.l. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011.
Questa possibilità di autoregolazione in deroga rispetto alla legge, seppur con una serie di limitazioni, potrebbe comunque essere positivamente utilizzata da imprese e sindacati maggioritari per neutralizzare le complicazioni indebite, ivi comprese quelle derivanti dal mutamento troppo frequente della normativa vigente, per esempio in materie come il contratto a termine, il lavoro a tempo parziale, l’apprendistato, il lavoro intermittente, il lavoro temporaneo tramite agenzia. Sarebbe questo un modo per riaffermare, nel nostro sistema delle relazioni industriali, quel primato della contrattazione collettiva come metodo per la regolazione dei rapporti di lavoro che, dalla metà degli anni ’60, è andato in larga parte perduto, non sempre con vantaggio per la protezione effettiva dei lavoratori e per la competitività del nostro sistema produttivo.