IL DILEMMA DEL MANDARINO

 da HR ON LINE

“Hai letto Rousseau?”

“Sì.”

“Ti ricordi di quel passo in cui chiede al lettore che cosa farebbe se potesse arricchirsi uccidendo un vecchio mandarino in Cina, per effetto della sua volontà, senza muoversi da Parigi?”

“Sì”.

“Allora?”.

“Bah! Io sono già al mio trentatreesimo mandarino.”

«Non scherzare. Andiamo, se ti dimostrano che è una cosa possibile e che basta un cenno del capo, la faresti?».

«È molto vecchio, il mandarino? Ma! Giovane o vecchio, paralitico o in buona salute, sinceramente… In fede mia! Ebbene, no».

Dietro l’apparente provocazione, la domanda dello studente Rastignac all’amico Bianchon cela uno dei nodi più inestricabili della morale di ogni tempo. Chi scrive è Honoré de Balzac, nel suo Papà Goriot. Attribuisce erroneamente il dilemma etico a Rousseau, ma in realtà l’autore è Diderot, uno dei maggiori esponenti dell’Illuminismo. Diderot, nell’esporre il medesimo dilemma, osservava come la distanza, nel tempo o nello spazio, potesse ridurre, fino ad annullarlo, il sentimento morale: “L’assassino, finito sulle rive della Cina, non è più in grado di scorgere il cadavere che ha lasciato sanguinante sulle rive della Senna”. Occhio non vede, cuore non sente. A questa visione sembra opporsi nella sua risposta il giovane Bianchon, a cui però il disincantato Rastignac ribatte che la vita, talvolta, porta necessariamente a tentare perfino un gesto estremo.

Due secoli fa la Cina, agli occhi di Diderot e di Balzac, sembrava essere il luogo esemplare della lontananza e dell’estraneità da noi. Sono passati secoli, eppure quando l’anno scorso guardavamo in televisione quello che stava succedendo a Wuhan – 11 milioni di persone recluse in casa con le mascherine – tutti noi ci siamo cullati nell’illusione di trovarci a distanza di sicurezza, senza che una vera compassione riuscisse ad attenuare la sensazione di estraneità assoluta.

Torniamo ancora a Balzac. Bianchon, che aveva azzardato una battuta, quando deve rispondere seriamente cede per un momento alla casistica delle attenuanti e chiede: “E’ molto vecchio, il mandarino?” Ma non aspetta nemmeno la risposta, e taglia corto – “giovane o vecchio, paralitico o in buona salute” – oggi noi parleremmo di “anziani con patologie multiple pregresse” – “In fede mia! Ebbene, no”. In Italia, solo pochi mesi fa, quando le sale di rianimazione si sono riempite, abbiamo fatto una distinzione drammatica tra il giovane e il vecchio, tra chi aveva la precedenza nell’essere salvato e chi in ogni caso avrebbe avuto vita più breve. Forse non c’era alternativa, ma il problema rimane nella sua drammaticità.

Il dilemma del mandarino si ripropone anche nella vita di tutti i giorni e nella sfera professionale. Provo a proporre un paio di esempi, ovviamente assai meno drammatici di quello appena discusso. Dobbiamo decidere a chi dare un aumento. Siamo sicuri che le persone più vicine a chi conta non prendano di più di chi sta più lontano?! Siamo in una multinazionale e bisogna decidere dove fare dei tagli: siamo certi che la scure non si abbatterà nel Paese dove è situato l’headquarter con meno brutalità che altrove?! Quando siamo chiamati direttamente in causa, sappiamo essere lineari e corretti come Bianchon?! O forse non agirà, più o meno consapevolmente, l’etica della distanza?!

 

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