LA SELEZIONE E L’EFFETTO PING PONG
Per capire l’effetto ping pong si può iniziare leggendo questo dialogo tra lui e lei, poco prima del matrimonio…
Lei: Ciao!
Lui: Finalmente, era tanto che aspettavo!
Lei: Vuoi che me ne vada?
Lui: NO! Come ti salta in mente? Il solo pensiero mi rattrista!
Lei: Mi ami?
Lui: Ma certo! Sempre!
Lei: Mi hai mai tradita?
Lui: NO! Mai!
Lei: Hai voglia di baciarmi?
Lui: Si, sempre… Lo farei in qualunque momento mi fosse possibile!
Lei: Mi picchieresti mai?
Lui: Ma sei matta? Dovresti conoscermi ormai…
Lei: Posso avere completa fiducia di te?
Lui: Sì…
Lei: Amore mio…
Sette anni dopo il matrimonio… Leggete il testo al contrario dall’ultima alla prima frase…
La sequenza e il tono degli scambi relazionali all’interno di una coppia di persone modificano il senso ed il contenuto dei messaggi in funzione del contesto in cui ci poniamo e a seconda di come li leggiamo. Da questo punto di vista, non importa se si tratti di marito e moglie o selezionatore e candidato.
Riprendiamo due famosi esperimenti, troppe volte dimenticati dai professionisti aziendali. Nel primo caso, i ricercatori hanno invitato alcuni uomini a parlare al telefono per qualche minuto con una donna sconosciuta. A metà di loro hanno mostrato la foto di una donna molto bella e agli altri quella di una donna esteticamente molto meno gradevole. In realtà tutti hanno parlato con la stessa donna. Successivamente hanno preso solo la parte di registrazione in cui era la donna a parlare e l’hanno fatta ascoltare ad altre persone chiedendo se questa donna fosse bella o meno. Tutti quelli che avevano ascoltato la donna parlare con l’uomo a cui era stata mostrata una donna molto bella dissero che lei era bella mentre tutti quelli che avevano ascoltato la registrazione in cui lei parlava con un uomo convinto di interagire con una donna poco attraente avevano confermato questa opinione.
Le nostre convinzioni inducono comportamenti differenti molto al di là delle aspettative. Proviamo a seguire un analogo esperimento svolto nell’ambito della selezione del personale.
All’inizio dell’esperimento, che prevedeva lo svolgersi di colloqui di lavoro, ai selezionatori veniva data la scheda di ogni persona con a margine una nota del tipo “molto qualificato” o “poco qualificato”, (le note venivano mese a casaccio). Quando i selezionatori pensavano di avere davanti una persona molto qualificata tendevano ad assumere degli atteggiamenti rilassati e positivi e di riflesso anche i candidati tendevano a stabilire una buona intesa, con un esito del colloquio sicuramente migliore. Quando i selezionatori pensavano di avere a che fare con un candidato poco qualificato lanciavano, senza accorgersene, segnali negativi ed erano meno incoraggianti, rendendo il candidato meno disteso, portandolo a fare una figura peggiore.
Nel primo esperimento l’uomo che credeva di parlare con una bella donna istintivamente cercava di fare bella figura e la donna, incoraggiata da questo atteggiamento, cercava di fare altrettanto. L’uomo che credeva di avere al telefono una donna non carina tendeva a mantenere un atteggiamento più formale e l’intero dialogo appariva più freddo e meno empatico. Anche nel secondo caso è evidente che l’approccio del selezionatore si riflette sulla resa del candidato, condizionandone la performance.
Le informazioni che assumiamo prima dell’inizio del colloquio, i nostri preconcetti, la primissima sensazione di simpatia o antipatia che abbiamo nei confronti di un candidato o di un collega possono poi determinare l’andamento e la performance successiva. Nulla di nuovo, sia chiaro – eppure, i selezionatori professionisti se ne ricordano sempre?! Evitare questi possibili errori non è sempre facile, occorre averne consapevolezza e conoscere sé stessi. In molti casi, della supervisione da parte di un collega più esperto può fare la differenza. La cosa importante è pensare che per essere un bravo selezionatore non basta fare tanti colloqui.