VERSO IL DEFAULT SOCIALE?
Riporto qui un interessantissimo articolo di Massimo Ferrario, creato per il suo “Mixtura”
Tutto è élite, tutto è casta.
Basta titoli di studio. Basta competenze di mestiere.
L’autorità è imposizione. L’autorità siamo noi: ognuno di noi.
Nessun’altra autorità al di fuori di noi stessi: come singoli che bastano a se stessi.
Io come io, io solo io.
Io come io, io solo io.
L’ignoranza come valore. Al pari del sapere.
Chi sa, conta – deve contare – come chi non sa.
E l’opinione – la ‘mia’ opinione – eguaglia – deve eguagliare – il sapere di chi sa e ha i titoli per affermare il suo sapere.
E l’opinione – la ‘mia’ opinione – eguaglia – deve eguagliare – il sapere di chi sa e ha i titoli per affermare il suo sapere.
Ognuno per conto suo.
Ognuno che decide solo in base a se stesso: senza curarsi di altro che dei propri sentimenti, dei propri vantaggi, dei propri comodi.
La mia esperienza, il mio vissuto valgono di per sé. Contro qualunque dato generale, empirico, scientifico: l’unico test di validazione sono io.
Ognuno che decide solo in base a se stesso: senza curarsi di altro che dei propri sentimenti, dei propri vantaggi, dei propri comodi.
La mia esperienza, il mio vissuto valgono di per sé. Contro qualunque dato generale, empirico, scientifico: l’unico test di validazione sono io.
Faccio quello che mi va di fare e non voglio regole, limiti, condizionamenti: io sono io e gli altri non sono nulla. O comunque non mi interessano e, se proprio devono contare, che vengano dopo.
Insomma: me ne frego. Di tutto e di tutti.
Prima me.
Prima la mia cosiddetta libertà. Prima la mia effettiva licenza di fare ciò che voglio.
Prima la mia cosiddetta libertà. Prima la mia effettiva licenza di fare ciò che voglio.
È la nuova democrazia (un termine per l’ennesima volta bestemmiato) di un disaggregato di individui che non vogliono essere aggregati: connessi su internet, ma sconnessi nella realtà.
Individui che vogliono restare rigorosamente individui-monadi e non vogliono essere individui sociali, che si caricano della responsabilità di essere anche società.
Con il risultato di una società finta, di cui è rimasto soltanto il nome: un inutile flatus vocis. Nei fatti, una società sfasciata: che non sta insieme, perché rifiuta di stare insieme, o che è già andata insieme come una maionese impazzita.
Siamo a un bivio: e dirlo drammatico non credo sia retorica.
O rinsaviamo e ricostruiamo in fretta – da subito, ora – i legami del nostro con-vivere sociale, esercitando un pensiero critico anche duro e senza sconti, ma rifiutando la sfiducia generalizzata e aprioristica verso tutto e tutti e recuperando il gusto, e la fatica, della conoscenza, della competenza e del ragionare argomentato, oppure possiamo soltanto attendere lo squagliamento finale.
O rinsaviamo e ricostruiamo in fretta – da subito, ora – i legami del nostro con-vivere sociale, esercitando un pensiero critico anche duro e senza sconti, ma rifiutando la sfiducia generalizzata e aprioristica verso tutto e tutti e recuperando il gusto, e la fatica, della conoscenza, della competenza e del ragionare argomentato, oppure possiamo soltanto attendere lo squagliamento finale.
Non esiste solo il ‘default’ economico.
C’è anche quello sociale e culturale.
Ed è il peggiore, questo: perché viene prima dei numeri che fanno economia. Ed è definitivo.
Per questo ‘default’, quello sociale, non c’entrano il Pil, il deficit, lo spread, i mercati: c’entrano le persone.
Da sole e nel loro volere/sapere stare insieme.
Se le persone falliscono come persone, nelle relazioni che le fanno umane, interdipendenti e fiduciose e che sole costruiscono società, tutto è già fallito.
Banale. Eppure…
Banale. Eppure…
*** Massimo FERRARIO, Verso il ‘default’ sociale?, per Mixtura
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