IL PARADOSSO DELLA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE
A proposito di disoccupazione giovanile, la sapete questa?
Un ingegnere neolaureato si presenta sul posto di lavoro.
E’ il suo primo giorno… Il capo gli mette una scopa in mano e gli dice: “Ecco, questa è una scopa, come prima cosa potresti dare una spazzata all’ufficio…”.
L’ingegnere replica: “Una scopa ?!?! Ma guardi che io sono un ingegnere !!!”.
E il capo: “Hai ragione, scusa, vieni di là che ti faccio vedere come funziona…”.
A proposito del dibattito di questi giorni sull’occupazione giovanile c’è un dato che mi ha colpito: 35 laureati su cento hanno una prima occupazione “atipica” contro il 21,2% di chi ha terminato la scuola dell’obbligo.Il titolo di studio rimane importante ma solo sul lungo periodo. Il numero dei nostri laureati rispetto i Paesi nostri concorrenti è basso ma manca l’incentivo occupazionale a proseguire negli studi.
Nonostante la ripresa dell’occupazione in atto, le condizioni del mercato del lavoro rappresentano inoltre un elemento di criticità per le storie contributive delle nuove generazioni, caratterizzate spesso da carriere lavorative discontinue e di bassa qualità e da un ingresso sul mercato del lavoro differito rispetto a quanto sperimentato dalle precedenti generazioni.
Lavorano troppo pochi “giovani”: tra i 15 e i 34 anni lavora solo il 60% e questo è un problema per la loro futura pensione. Ci arriveranno sicuramente con troppi pochi contributi e necessariamente dovranno lavorare più a lungo perché il sistema non potrà sostenere un simile squilibrio.
L’occupazione è sicuramente in ripresa in termini di valore assoluto, ma è ancora molto larga la disoccupazione: i due dati non sono in contrasto per il semplice fatto che la popolazione che si affaccia al mercato del lavoro è in costante crescita, maggiore dello sviluppo del nostro sistema produttivo.
Da qui l’esodo dei giovani verso l’estero, ma comunque non ancora sufficiente visto il perdurare dell’ampiezza della disoccupazione giovanile. Gli incentivi all’occupazione giovanile sicuramente avranno un impatto positivo, lo dice anche la storia recente degli sgravi contributivi. Rimane però un limite dato dalla fragilità della nostra ripresa, ancora troppo circoscritta. Il dibattito cui stiamo assistendo anche in questi giorni al riguardo parla fondamentalmente di job act, ma tutti si scordano che i posti di lavoro non li crea la legislazione lavoristica, che al massimo li può favorire o ostacolare, ma solo lo sviluppo (o meno) del sistema economico. Se questo langue, o stenta a riprendersi, non c’è provvedimento giuslavoristico che possa tenere.
Bene quindi gli incentivi per i giovani ma il nodo è prima di tutto la ripresa economica, l’attrattività del nostro Paese agli investimenti stranieri, la spinta del nostro sistema pubblico ( e quindi l’andamento del nostro debito pubblico), la stabilità del sistema creditizio. Da questi elementi dipende la ripresa dell’occupazione, non da un’eventuale riforma (o meno) del job act.