La crisi di fiducia
Due imprenditori, grandi amici, decidono di associarsi in un business.
Uno di loro, per abitudine e perché non si sa mai, chiede consiglio al suo avvocato. Questi, dopo aver studiato il progetto, si sente in dovere di avvertirlo che non poteva garantire che il suo futuro socio, in un domani imprecisato, non gli voglia sparare.
Di primo acchito quest’idea fa ridere molto il suo cliente. Però la sera, facendo fatica ad addormentarsi e ripensandoci, arriva alla conclusione che potrebbe anche essere vero e che nulla può garantirgli che abbia torto il suo avvocato, persona notoriamente competente. L’indomani mattina, con fare veloce, si procura un giubbetto antiproiettile e comincia a girare in azienda così protetto.
L’altro imprenditore non può non stupirsi di tale comportamento e ne parla al suo avvocato, che prontamente definisce la situazione: “La strategia della controparte non mi è chiara, ma lui sa cosa fa! E’ probabilmente a conoscenza di fatti che giustificano tale comportamento e noi dobbiamo prendere i provvedimenti del caso. Ad ogni modo il pericolo è alto!” Sconvolto da questa realtà decide di procurarsi una pistola e, siccome la forza è nulla se non viene espressa, fa in modo che il suo futuro socio (d’ora i poi definito “controparte”) veda che sta girando armato.
Visto questo, infatti, la controparte si congratula dell’idea di essersi procurato un giubbetto antiproiettile, essendo la controparte armata. Decide quindi di procurarsi a sua volta una pistola e fa in modo che la controparte se ne accorga.
Per ragioni strane, malgrado la presenza degli avvocati, l’accordo comunque viene raggiunto. I soci, persone normalmente equilibrate, di buon senso e pacifiche, non hanno ragione di litigare ma la situazione di contorno non è certo favorevole. Arrivano, infatti, i primi dividendi, e scoppia la lite.
Il primo estrae la pistola, il secondo pure. Si tratta di uomini capaci, abili e precisi, così finisce che si uccidono a vicenda.
Tre giorni dopo i due avvocati, cenando insieme in un grande ristorante, si congratulano di quanto fossero stati lungimiranti nell’avvertire ognuno il proprio cliente della pericolosità della controparte: i fatti avevano dato loro ragione.
La fiducia è una cosa seria. Sono stati resi noti a questo proposito gli esiti annuali del Trust Barometer di Edelman, la tradizionale ricerca sulla fiducia che ha coinvolto 28 Paesi e 33.000 persone in tutto il mondo.
Secondo Richard Edelman, “in più del 60% dei Paesi esaminati il livello di fiducia della maggioranza della popolazione è sotto il 50%, mentre al contrario le elite registrano il grado di fiducia più alto da quando abbiamo iniziato a condurre la nostra ricerca, 16 anni fa. In Italia, ad esempio, si registra una crescita a due cifre come negli Usa e nel Regno Unito. La nostra ricerca di quest’anno rivela una stretta correlazione tra il gap di fiducia, le differenze di reddito e le aspettative sul benessere. Infatti, in due terzi dei Paesi esaminati, meno della metà della popolazione pensa che starà meglio nei prossimi 5 anni”.
La ricerca, inoltre, evidenzia anche in Italia una grossa differenza nel grado di fiducia tra le elite e il resto della popolazione. Il gap è evidente, afferma lo studio, anche considerando le prospettive economiche dei
prossimi 5 anni: il 55% della classe dirigente nostrana pensa che la propria situazione migliorerà in futuro, mentre solo il 47% del pubblico più ampio è della stessa opinione. Come riporta anche Il Sole 24 Ore, l’Italia è al primo posto in Europa per fiducia nei confronti delle aziende con il 57% del campione, 9 punti percentuali in più rispetto allo scorso anno (stessa crescita dei mass media) avvicinandosi al primato delle organizzazioni non governative che riscuotono il grado di fiducia più alto (58%, + 5% rispetto al 2015). Secondo l’Edelman Trust Barometer gli italiani, nel formarsi un’opinione relativa ad un’azienda, ritengono più credibile in assoluto il parere di amici e familiari, addirittura in misura maggiore rispetto ai tecnici e agli accademici. In deciso rialzo la fiducia nei confronti di amministratori delegati e collaboratori di un’azienda, che guadagnano 9 punti rispetto allo scorso anno. Se quindi stiamo assistendo a un miglioramento del rapporto tra le imprese e la gente, ancora la maggioranza della popolazione non ha fiducia verso il futuro, vede con sospetto la classe dirigente e pensa che i “pari”, i colleghi e gli amici siano più affidabili dei tecnici e di “chi ne sa di più” .
Vi è quindi ancora una crisi di fiducia molto importante anche all’interno delle nostre imprese. Come ogni crisi di fiducia, non è irreversibile e se si vuole la si può superare. Occorre però una decisa volontà di azzerare i contatori e di ricominciare su basi più condivise e di reciproca comunicazione non pregiudizievole. Basta volerlo, da entrambe le parti.(www.paoloiacci.it)