LEI NELLA PARTE DI LUI
Pochi giorni fa Linkiesta riprende una piccola notizia apparsa sul New York Post, sfuggita a tutta la stampa italiana. Una notizia di cronaca, se vogliamo marginale, ma anche paradigmatica del nostro tempo. Una ragazzina americana di 13 anni, Becca Schultz, finge, online, di essere un uomo. Con la nuova identità riesce a scrivere di baseball su alcune riviste online di settore, viene perfino pagata e trova un certo seguito. Poi, a un certo punto, la cosa le sfugge di mano: per rendere più credibile la sua persona dichiara che il suo alter-ego, Ryan, è sposato e ha due figlie. E insieme simula un comportamento che, a suo avviso, avrebbe un uomo nella realtà: flirta con alcune donne, le manipola e le induce a inviarle alcune fotografie di nudo. Poi, dopo otto anni, una persona riesce a smascherarla e l’imbroglio finisce. Fin qui la notizia.
Alcune considerazioni:
- Becca Schultz – per anni anche Ryan Schultz – ha scritto per alcune importanti riviste di baseball e nessuno ha fatto verifiche di alcun tipo. C’è di che pensare. Quando andiamo in rete chi leggiamo e cosa leggiamo? Chi ha la responsabilità di cosa?!
- Ryan Schultz, nel corso degli anni, ha avuto molte interazioni con altre persone, talvolta anche telefoniche, ma la rete nasconde tutto. La pericolosità di tutto questo è evidente.
- Per avvalorare la sua identità maschile Becca Schultz si è comportata come ha pensato si debba comportare un tipico uomo. Ha flirtato e molestato alcune donne. Ha richiesto anche delle foto di nudo e un paio di ragazze hanno accettato le sue proposte, inviandogliele. In un caso ha avviato anche un vero e proprio flirt, non solo in chat ma anche telefonico (“Sì, la voce era un po’ strana…”).
- Tutto questo è apparso per anni assolutamente normale. Nessuno ha avuto niente da dire. Nel piccolo, viene in mente Hannah Arendt e la sua “banalità del male”.
- Probabilmente la prima vittima di questo scambio d’identità è stata proprio la giovane ragazza, alle prese con un alter ego sempre più avviluppante. Becca ormai, almeno secondo quanto racconta, “era arrivata a un punto di sofisticazione nella simulazione della vita di Ryan che non sapeva più distinguere quali fossero i suoi pensieri e quali quelli del suo personaggio”.
Come dicevo all’inizio, si tratta di una piccola notizia, marginale ma anche paradigmatica del nostro tempo. Terribile nella sua banalità.
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