WHISTLEBLOWING E GESTIONE DELLE PERSONE

 da Harvard Business Review

È ormai passato più di un anno dal D. Lgs 24/2023 sul whistleblowing, che ha rafforzato e ampliato la precedente L. 197/2017, allineando l’Italia agli standard europei. Come noto, con quel decreto si prevede che le aziende con almeno 50 dipendenti debbano creare canali di segnalazione interni, fornire indicazioni dettagliate sulle procedure di segnalazione, inclusa la gestione delle segnalazioni anonime e la protezione dei dati personali, e si prevedono obblighi più stringenti per la protezione dei whistleblower. Il report dell’Association of Certified Fraud Examiners (ACFE) ha rilevato a livello europeo che il 43% delle frodi aziendali è stato scoperto attraverso segnalazioni di whistleblowers. Tra queste, circa il 54% ha portato a provvedimenti aziendali significativi, inclusi licenziamenti, cambiamenti nelle pratiche aziendali e miglioramenti nei controlli interni. La recentissima survey EQS “Whistleblowing 360°” segnala come gli “episodi di mobbing, molestie e altri casi legati alla gestione HR” siano la prima causa di segnalazione (dato 2023 in Italia: 21%). Questo dato è confermato dall’Association of Certified Fraud Examiners, secondo la quale circa il 25-30% delle segnalazioni di whistleblowing riguarda questioni relative alla gestione delle persone. Anche le altre principali cause di segnalazione secondo la survey di EQS (episodi di frode e corruzione, problemi relativi alla sicurezza e protezione dei dati, violazione delle norme sociali e dei diritti umani) prevedono possibili effetti sulla gestione delle persone. Inoltre, secondo un analogo sondaggio di Deloitte (Deloitte’s Global Ethics & Compliance Survey), nel 35% dei casi le segnalazioni hanno portato a sanzioni disciplinari contro i responsabili delle violazioni segnalate. Eppure, nella maggioranza dei casi, la funzione HR viene interpellata solo tardivamente, unicamente nel caso si debba intervenire con provvedimenti disciplinari. Secondo l’ultimo “Report to the Nations” dell’ACFE (Association of Certified Fraud Examiners), malgrado la diffusa possibilità che le politiche di whistleblowing impattino la gestione delle persone nelle organizzazioni, solo nel 14% dei casi riscontriamo il coinvolgimento preventivo della funzione HR.

Vi è, inoltre, un altro aspetto che consiglierebbe un più diffuso coinvolgimento preventivo di rappresentanti dell’area “risorse umane”. Giustamente la legge pone come prima preoccupazione la protezione del whistleblower da possibili azioni ritorsive. Non va d’altra parte sottovalutata la possibilità che questa procedura sia utilizzata come leva di ricatto da parte dei collaboratori verso i capi, facendoli sentire come se fossero sempre in “campagna elettorale”. Si è infatti notato nella pratica operativa che in molte aziende, di fronte a segnalazioni relative alla gestione del personale, i responsabili allarghino il perimetro di competenza del whistleblowing anche ad ambiti estranei a questa normativa. Questa, infatti, non dovrebbe essere applicabile nel caso di conflitti interpersonali, a meno che questi abbiano determinato una violazione legale o etica. Questi eventuali “allargamenti” potrebbero aprire la strada ad un abuso delle politiche di whistleblowing. Un dipendente potrebbe fare segnalazioni false o infondate per danneggiare la reputazione del proprio capo, soprattutto in situazioni di forti dissapori personali o professionali. Alcuni dipendenti potrebbero minacciare di fare segnalazioni di whistleblowing per ottenere vantaggi personali, come promozioni, aumenti di stipendio o trasferimenti. In questo senso, è sempre bene che le segnalazioni siano vagliate da un team indipendente per determinare la veridicità delle accuse. Inoltre, è opportuno che i confini della legge siano sempre rispettati. Occorre formare dipendenti e manager su come utilizzare correttamente il canale di whistleblowing e su quali siano le implicazioni legali e aziendali delle false segnalazioni. Ed è importante offrire altri canali di risoluzione dei conflitti, come la mediazione o il coaching, così che sia possibile affrontare i problemi interpersonali o professionali senza ricorrere strumentalmente al whistleblowing.

 

Paolo Iacci, Presidente Eca, Università Statale di Milano

 

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