IL RdC E LE NUOVE MISURE DI INCLUSIONE. LA POSSIBILITA’ DI OFFRIRE LAVORO
Molti personaggi illustri della storia giapponese spesso sono rimasti celebri solo nella loro terra. Uno di questi è Ooka Tadasuke, giudice e samurai del ‘600, sinonimo per i giapponesi di saggezza e di capacità di giudizio nel risolvere i casi più complessi. Uno dei casi più noti è quello dell’odore rubato.
Un locandiere accusa un ragazzo poverissimo di rubargli ogni giorno l’odore del cibo che cucina. Secondo il gestore, il ragazzo gode continuamente, “a sbafo”, del prelibato profumo delle pietanze preparate senza versargli alcun corrispettivo in denaro.. Il saggio Tadasuke decide di convocare le parti e ascoltarle.
L’oste afferma di aver diritto a un risarcimento perché il profumo di un buon cibo è parte del cibo stesso: ritiene pertanto giusto e doveroso venire pagato. Il ragazzo, di contro, fa notare di non aver mai neanche tentato di assaggiare il cibo.
Il giudice Tadasuke sentenzia a favore dell’oste. Il profumo deriva dalla preparazione del cibo. Quest’ultima ha avuto un suo costo, che l’oste ha sostenuto e quindi è giusto che venga risarcito. Rivolgendosi così al ragazzo gli chiede di prendere tutte le monete che ha con lui e di metterle in una mano. Lo invita quindi a passarle nell’altra sua mano e poi a lasciarle cadere per terra, così da provocare un chiaro tintinnio.
Il suono prodotto dalle monete è il giusto risarcimento che il povero ragazzo deve all’oste per avergli rubato il profumo del cibo.
A proposito della confusione tra realtà e finzione, la storia mi è venuta in mente leggendo l’ennesima polemica a proposito del reddito di cittadinanza e le nuove misure di inclusione del Governo. Anche queste, come il RdC, hanno come obiettivo sia il sostegno alle persone più povere, sia il reinserimento al lavoro di tutti i percettori potenzialmente occupabili. È sotto gli occhi di tutti come il reddito di cittadinanza abbia giocato un importante ruolo di aiuto economico nei confronti delle fasce più deboli della popolazione, ma sia stato un fallimento sul versante delle politiche attive del lavoro e della ricollocazione lavorativa.
Il motivo è presto detto: un’impresa che necessita di una particolare figura professionale da inserire all’interno del proprio organico, ad oggi, non può avere direttamente dal Centro per l’Impiego i nominativi di quanti – tra i percettori di Reddito di Cittadinanza presenti sul territorio – sono in possesso dei requisiti professionali richiesti per ricoprire il profilo ricercato. Non può quindi contattarlo al fine di fissare un colloquio. E’ unicamente il Centro per l’Impiego a pubblicare l’offerta di lavoro sul proprio portale nell’attesa che un percettore del sussidio particolarmente volenteroso si candidi all’offerta. La decisione se rispondere o meno alle inserzioni è lasciata alla libera scelta del percettore. E ciò per questioni legate alla protezione dei dati personali e alla normativa definita dal Garante per la privacy: infatti, il Centro per l’Impiego non può comunicare i dati di possibili candidati percettori del Reddito all’azienda interessata. Discutere all’infinito se il percettore del reddito debba perdere il diritto al sussidio dopo che ha rifiutato tre proposte oppure una sola non ha alcun senso. Prova ne sia che, su più di due milioni di percettori del sussidio, ancora nessuno ha perso il RdC per aver rifiutato un’offerta di lavoro.
Da ciò che trapela dalle dichiarazioni degli addetti ai lavori, le nuove misure non hanno previsto alcun cambiamento al riguardo. Attualmente, stando alle notizie trapelate sino ad ora, le nuove misure prevedono, infatti, la perdita del diritto a percepire la misura di sostegno al reddito al primo rifiuto di una offerta di lavoro. Questa norma, però, è destinata a restare lettera morta senza la creazione di un’unica piattaforma nazionale di incontro diretto tra le imprese e i così definiti “occupabili”, che sia in grado, da un lato, di incentivare le imprese a preferire l’assunzione di percettori del sussidio, garantendo l’effettiva ricollocazione di questi ultimi, dall’altro lato, di verificare se effettivamente l’offerta di lavoro sia stata o meno rifiutata, con conseguente perdita del sussidio se del caso. Vi è da notare come ad oggi esistono tante piattaforme quante sono le Regioni – queste comunque non sono direttamente consultabili da parte delle imprese.
Chiedo scusa ai miei pochi lettori per l’annotazione tecnica ai margini del dibattito sul RdC e i nuovi provvedimenti che lo andranno a sostituire, ma trovo grave che in tutti questi anni questo elemento sia stato sottaciuto. A detrimento sia delle imprese, sia dei disoccupati.
Paolo Iacci, Presidente Eca Università Statale di Milano